Il Dossier che inchioda l’intelligence israeliana (e non solo) alle sue responsabilità. Di F. Amodeo

L’attacco di Hamas in Israele ha causato:

  • Assedio totale di Gaza con conseguente esodo dei palestinesi.
  • Apertura di uno scenario di guerra in Medioriente che ha distolto l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dal conflitto in Ucraina?

Cui prodest? A chi giovano le due principali conseguenze di quell’attacco?

L’assedio totale di Gaza giova, con ogni probabilità, a quella parte degli apparati, dell’intelligence e dell’esercito israeliano che avevano come obiettivo non solo l’eliminazione totale di Hamas ma anche la conquista totale di quei territori.

Il disimpegno verso la guerra in Ucraina giova invece a quella parte degli apparati e dell’intelligence statunitense che ha bisogno di una exit strategy dalla guerra in Ucraina che si è dimostrata un cul de sac che rischia nel lungo termine di creare problemi ai loro interessi. Primo tra tutti il fatto che l’opinione pubblica americana non sente quel conflitto come un affare americano. Tra un anno ci saranno le elezioni presidenziali e se gli impegni americani con Kiev dovessero rimanere quelli attuali ne trarrebbe vantaggio il candidato che invece promette un disimpegno.

                                

Un sondaggio della CNN dimostra che oltre il 55% degli americani si oppongono ad ulteriori aiuti all’Ucraina e sempre più membri del congresso soprattuto repubblicani ma anche democratici invocano l’American First e vorrebbero bloccare gli aiuti in Ucraina.

                           

C’è stata già una prima sospensione di 6,2 miliardi di aiuti per trovare l’accordo tra repubblicani e democratici al Congresso americano ed evitare lo shutdown negli USA. Ossia il mancato pagamento degli stipendi pubblici.

                         

Ma gli americani non possono disimpegnarsi da quel conflitto fino a quando su quel teatro di guerra resta l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. E possono farlo soltanto trovando una scusa plausibile come potrebbe essere il sopraggiunto bisogno di dover sostenere il proprio principale alleato in una guerra contro il terrore. La frase più amata dagli apparati statunitensi in quanto tocca un nervo sensibile del popolo americano capace di renderlo accondiscendente ad ogni decisione guerrafondaia del suo governo. Ecco perchè sono continue in questi giorni le allusioni e le similitudini con l’undici settembre diffuse da tutti i media che provano a chiamare in causa l’intero l’Occidente in modo che gli altri paesi accettino le indiscriminate e folli operazioni di Israele su Gaza che violano il diritto internazionale: “Un colpo contro tutto l’Occidente” è il nuovo mantra da recitare a reti unificate.

                            

                             

In pratica c’è una parte degli apparati dell’intelligence israeliana ed una parte degli apparati e dell’intelligence statunitense (che se volete possiamo definire deviate) che avrebbero potuto raggiungere i propri rispettivi obiettivi solo se Hamas avesse sferrato un attacco clamoroso contro Israele coinvolgendo tanti civili israeliani e tanti giovani di diverse nazioni.

Noi oggi sappiamo per certo che parti di quelle due intelligence abbiano dialogato prima degli attacchi. Anzi un telegramma della CIA del 5 ottobre metteva in guardia sulla possibilità di un attacco violento da parte di Hamas.

                               

Ed il giorno prima dell’attacco il 6 ottobre funzionari statunitensi hanno fatto circolare rapporti che indicavano attività insolite di Hamas.

Ora difronte alla presa d’atto da parte delle due intelligence più potenti del mondo di una minaccia e di attività insolite di Hamas, farsi trovare impreparati è impossibile. Quei dispacci dimostrano che impreparati non lo fossero affatto.

Anzi si aggiungono anche i servizi di intelligence di altri paesi arabi che confermano di aver avvertito Israele su un possibile attacco di Hamas: “Qualcosa di grosso sta per accadere” avevano scritto.

                     

Considerando che Hamas per quegli attacchi non ha utilizzato droni invisibili di ultimissima generazione, o armi con tecnologie quantistiche. Ma i terroristi sono penetrati in territorio israeliano con i mezzi più rudimentali possibili: dal cielo sono arrivati con dei semplici deltaplani, via terra addirittura hanno abbattuto l’inespugnabile recinzione (quella si dotata di sistemi di ultimissima generazione) con un rudimentale bulldozer.

                             

Nulla che potesse sfuggire a chi attenzionava quella zona. Non si è trattato di attacchi kamikaze durati pochi secondi e terminati con il suicidio degli attentatori. Ma si è trattato di operazioni di miliziani con mezzi rudimentali con i quali sono riusciti ad oltrepassare una delle zone più militarizzate al mondo dove vengono utilizzate le ultimissime tecnologie che di fatto rendono quelle recinzioni inespugnabili come dimostrano i riferimenti tecnici illustrati dal collega Manlio Dinucci.

                          

Operazioni quelle dei terroristi durate ore prima di un intervento decisivo dell’esercito israeliano capace di riprendere il controllo della zona. Abbiamo visto addirittura i miliziani caricare gli ostaggi su vecchie motociclette.

                 

Il New York Times ha calcolato quanto tempo è passato dal momento dell’attacco dei terroristi alla liberazione di alcune località da parte dell’esercito israeliano. Il tempo medio è stato di 8 ore. Una finestra lunghissima scrivono, che ha permesso al nemico di portare via circa 200 ostaggi.

                                  

Noi possiamo scegliere di credere anche alle versioni più fantasiose ma difronte a delle incongruenze così evidenti delle domande dobbiamo porcele:

Poniamoci allora la prima domanda: Sappiamo che l’intelligence israeliana e quella americana si sono parlate pochi giorni prima degli attacchi. Supponiamo. Ripeto supponiamo. Che in quella occasione invece di pianificare come prepararsi ad un eventuale attacco di Hamas (cosa che come abbiamo visto non hanno fatto) abbiano ragionato sui vantaggi di lasciare che quei tragici eventi accadessero. Non dico che abbiano organizzato il tutto con Hamas. Non potrei dimostrarlo. Ma gli elementi raccolti lasciano suppore con ogni evidenza che abbiano fatto in modo che Hamas non trovasse immediata resistenza ma al contrario che i terroristi avessero addirittura la possibilità di massimizzare l’attacco. Se i miliziani fossero entrati in Israele senza fare un grosso numero di morti e di ostaggi non si sarebbe creato il casus belli indispensabile per arrivare alla guerra che si è scatenata (non contro Hamas) ma contro Gaza dato che con l’assedio totale gli israeliani non hanno fatto distinzione.

La presenza di un rave party internazionale in cui venivano radunati migliaia di ragazzi israeliani e stranieri proprio ai confini con la Striscia di Gaza, rendeva quei giovani il primo “bottino”, quello più immediato per i terroristi. Quello certo. In un luogo dove l’esercito non sarebbe potuto mai intervenire in tempo dato che non si è capito perché non fosse già presente sul posto in misura massiccia per mettere in sicurezza l’evento in una zona considerata a rischio. Anzi. Leggiamo la testimonianza di una ragazza sopravvissuta che dice chiaramente: Eravamo soli e siamo rimasti soli per diverse ore.

 

I ragazzi non potevano neanche scappare dato che si trattava di deserto senza luoghi dove potersi nascondere. Per questo il numero di morti è stato così elevato. Era un tiro al bersaglio senza ostacoli. Quei fattori hanno quindi permesso ai terroristi di massimizzare la loro operazione.

Allora chiediamoci: ma quel rave party era sempre stato previsto in quella zona precisa ossia in una zona potenzialmente a rischio?

Scopriamo che la risposta è NO. E’ stato spostato in quella zona all’ultimo momento. E’ ufficiale. Lo scrivono i media mainstream.

                         

E non è neanche vero che quel posto fosse usuale per quel tipo di eventi. Anzi molti ragazzi si sono dichiarati sorpresi e preoccupati che quel rave si svolgesse in linea d’area così vicino a Gaza. Come dimostra questa intervista del magazine Rolling Stone ad una delle sopravvissute.

Ma la cosa in assoluto più grave. L’elemento raccolto più importante e del quale rivendico la paternità è l’aver rilevato che se la location del rave è stata cambiata due giorni prima, vuol dire che è stata cambiata in data 5 ottobre 2023. Ecco cosa scrivono quei giornali:

Ma il 5 ottobre 2023 guarda caso è proprio la data in cui la CIA con un telegramma avvertiva di un potenziale pericolo proveniente dalla Striscia di Gaza. ASSURDO

Com’è possibile che nei confronti di quel rave party avviene esattamente il contrario di quello che sarebbe dovuto accadere in una situazione come quella. Le misure di sicurezza, la logica, il buonsenso, avrebbero dovuto imporre di spostare qualsiasi evento in programma in quella zona segnalata dalle intelligence ad alto rischio. Al contrario quel rave party che avrebbe riunito migliaia di ragazzi è stato spostato proprio ai confini con la Striscia di Gaza ossia nel luogo più facilmente raggiungibile da Hamas. Contestualmente non sono state rafforzate le misure di sicurezza e neanche lo stato di allerta. La maggior parte dei militari erano stati infatti spostati in Cisgiordania.

Morale della “favola” (dell’incubo).  I terroristi entrano in Israele. Si trovano difronte migliaia di ragazzi disarmati che non possono fuggire. E succede una carneficina. Quella carneficina che darà il via all’assedio totale su Gaza. Una vera e propria pulizia etnica. Un genocidio. Con bombardamenti indiscriminati su tutta la popolazione.

Qualcuno aveva bisogno di questo e per ottenerlo era disposto a passare su centinaia di cadaveri di bambini palestinesi e ragazzi israeliani?

Ai posteri l’ardua sentenza.

 

Francesco Amodeo

 

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